Esistono due strade da percorrere per il recupero crediti: quella in via stragiudiziale e in via giudiziale. Ecco tutte le fasi e le procedure da seguire
L’attività di recupero crediti comprende tutti gli interventi atti alla riscossione di una somma dovuta da un soggetto (debitore) per un debito nei confronti di un altro soggetto (creditore).
La prima cosa da fare quando si intende avviare un’azione di recupero crediti è verificare che il debito sia certo, liquido ed esigibile. Deve essere, quindi, provabile da documentazione, nonché quantificato e non vincolato.
Esistono due strade da percorrere per il recupero crediti: quella in via stragiudiziale e in via giudiziale.
Recupero crediti stragiudiziale
Solitamente si può cercare di rintracciare il soggetto debitore per arrivare ad una soluzione rapida e a un compromesso.
Per recupero crediti stragiudiziale si intende, infatti, l’insieme delle attività finalizzate a spingere il debitore a regolarizzare, in via bonaria, la propria pendenza.
È indispensabile, quindi, cercare di creare un contatto con il debitore per invogliarlo a concludere la trattativa. In un primo momento si attuano indagini preliminari: si verifica la rintracciabilità del debitore, domicilio e dati anagrafici di interesse. Successivamente si inviano solleciti di pagamento scritti, telefonici e visite domiciliari.
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Se azioni di questo tipo non portano ad alcun risultato, l’ultimo tentativo di risoluzione stragiudiziale della controversia è la messa in mora, comunicata tramite raccomandata A/R. Con questa il debitore è informato che se non salderà il proprio debito entro la data stabilita si procederà al recupero crediti per via giudiziale.
Recupero crediti giudiziale
Avviene quando il tentativo di recuperare il credito in via bonaria, nella sola fase stragiudiziale, non ha dato l’esito sperato. L’unica soluzione è, dunque, quella di affidarsi alla procedura prevista dalla legge, rivolgendosi ad un Giudice.
Il recupero crediti giudiziale è, in sostanza, finalizzato all’ottenimento di una condanna al pagamento o un titolo esecutivo.
In caso di mancato adempimento, nonostante la condanna al pagamento, si potrà infatti arrivare a richiedere il pignoramento dei beni del debitore insolvente.
In questo caso sarà necessario accertarsi che esistano beni o patrimoni da aggredire, cioè pignorabili (ad esempio l’automobile, la casa, somme di denaro o beni della società). Ciò permette di stabilire se è opportuno intraprendere un’azione giudiziale per il recupero.
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Per ottenere tale provvedimento il creditore deve proporre ricorso innanzi al Giudice di Pace o al Tribunale competente. Entro 30 giorni dal deposito del ricorso, il giudice, in caso di accoglimento della domanda, emette il decreto ingiuntivo, ordinando al debitore di pagare la somma entro 40 giorni dalla notificazione.
Il debitore, al quale viene notificato il decreto, può proporre opposizione, sempre entro 40 giorni dalla notifica: in questo caso si instaura una causa ordinaria per accertare l’esistenza del credito.
Disegno di legge per la modifica del procedimento del decreto ingiuntivo
Il Disegno di Legge n. 755/2018, proposto da alcuni senatori, prevede in sostanza che l’avvocato difensore del creditore possa emettere i decreti ingiuntivi senza più bisogno del Giudice. Con questa riforma salterebbe l’intermediazione giudiziaria: andrebbe, infatti, ad eliminarsi il passaggio dal giudice civile per l’emissione del decreto.
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Il creditore di una somma di danaro potrà, quindi, affidarsi ad un avvocato che, verificati sommariamente i presupposti, emetterà un’ingiunzione di pagamento da notificare al debitore. Quest’ultimo avrà 20 giorni (non più 40 come oggi) per opporsi, e in mancanza di opposizione si procederà con esecuzione forzata.
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