Pignoramento conto corrente: per quale somma scatta

Pignoramento conto corrente: per quale somma scatta

Il pignoramento conto corrente è una procedura esecutiva attuata al fine di recuperare un credito. Non esiste una somma minima per cui si può avviare, ma esistono dei limiti

Il pignoramento conto corrente è una procedura esecutiva che consente al creditore di soddisfare il proprio credito attraverso l’espropriazione delle somme presenti sul conto corrente del debitore.

Questa procedura rientra a pieno titolo nei pignoramenti presso terzi, regolamentati dagli articoli 492 e 543 del Codice di Procedura Civile, perché coinvolge appunto un terzo soggetto, ovvero la banca o l’istituto di credito dove il denaro risulta depositato.

Ovviamente, per procedere, il creditore deve essere in possesso di un titolo esecutivo (una sentenza, un decreto ingiuntivo) che attesti l’esistenza e l’entità del credito.

Qual è la somma minima per procedere al pignoramento conto corrente?

Non esiste una somma minima per cui si può avviare il pignoramento conto corrente. Questo significa che il creditore può procedere anche per un credito esiguo.


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È bene specificare che il conto corrente bancario o postale può essere oggetto di pignoramento nella sua interezza solo per la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale, ossia 1.603,23 € (attualmente l’assegno sociale è di 534,41 €).

Se, dunque, alla data di notifica del pignoramento sono presenti somme superiori a tale importo queste possono essere pignorate.

Quando sono presenti versamenti ricorrenti come stipendio o pensione, i conti correnti possono sempre essere oggetto di pignoramento, rispettando determinati limiti.

Come funziona il pignoramento conto corrente

Come già detto, il creditore deve essere in possesso di un titolo esecutivo valido che accerti la situazione di debito del proprietario del conto corrente.

L’espropriazione di denaro su un conto corrente postale o bancario avviene, dunque, a seguito di una notifica al debitore, in cui si indica: titolo esecutivo, atto di precetto (il debitore ha ancora 10 giorni per pagare) e atto di pignoramento.

Quest’ultimo è inviato anche all’istituto di credito interessato. La legge stabilisce che, una volta presentato l’atto giudiziario di pignoramento, la banca o l’ente postale può procedere a bloccare la somma intera presente su un normale conto corrente o una parte di essa se sul conto è accreditato lo stipendio o la pensione.

Nel dettaglio, lo stipendio può essere pignorato nei limiti stabiliti dalla legge che prevedono che sia assicurato il minimo vitale per condurre una vita dignitosa (il minimo vitale è il doppio dell’assegno sociale).

Secondo la normativa attuale, i limiti corrispondono a:

  • un quinto dello stipendio, quando si tratta di debiti di lavoro o di tributi provinciali e comunali omessi
  • un terzo dello stipendio, quando la pendenza riguarda gli alimenti dovuti per legge.

Quando il debito è nei confronti dell’Agenzia Entrate Riscossione, quest’ultima può procedere al pignoramento conto corrente senza intervento del tribunale. Invia, infatti, la notifica alla banca o alla posta e se entro ulteriori 60 giorni il debito non è saldato preleva direttamente l’importo dal conto. Deve essere sempre garantito il minimo vitale.

In questo caso le quote pignorabili sono:

  • 1/10 dello stipendio quando l’importo è inferiore ai 2.500 €
  • 1/7 dello stipendio se l’importo è inferiore ai 5.000 €
  • 1/5 dello stipendio quando l’importo supera i 5.000 €.

Per quanto riguarda un conto corrente cointestato, si può pignorare solamente la metà del credito presente. Non si può, invece, mai pignorare un conto corrente che sia alimentato da:

  • assegni di accompagnamento per disabili
  • rendite di assicurazioni sulla vita
  • pensioni di invalidità.

(Leggi qui come funziona il pignoramento della pensione).

Come rintracciare un conto corrente

Il rintraccio è una delle prime indagini che si effettua in caso di recupero credito, al fine di pignorare il conto del debitore. Per sapere dove il debitore ha il suo conto corrente è necessario rivolgersi ad un’agenzia di informazioni commerciali autorizzata, come Revela.

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